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Giancarlo Sacconi

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La Religione

 
La Chiesa è stata la culla della mia infanzia.
Sono nato in una società cristiana: battezzato, cresimato, comunicato, con una solennità che non ha uguali nei miei ricordi infantili.
Sono stato inserito nel mondo della Parrocchia fin da quando ne ho avuto consapevolezza.
Nella mia primissima infanzia, subito dopo i ricordi della guerra, campeggiano il primo giorno di scuola e la prima volta da chierichetto.
L'unico spazio di apertura fuori della casa era la parrocchia e le sue attività.
Quindi so tutto di Cristo e della liturgia cattolica di allora.
Ancora oggi riesco a citare a memoria l'Orate fratres,

Suscipiat Dominus sacrificium
de manibus tuis ad laudem
et gloriam nominis sui, ad utilitatem
quoque nostram totiusque
Ecclesiæ suæ sanctæ.

Queste difficili parole latine erano lo scoglio più impervio con cui si doveva cimentare ogni chierichetto.
Poiché nessuno ce lo insegnava (l'Orate fratres), si cercava di imitare il prete farfugliando suoni abbastanza simili.
Poi un giorno una monaca si mise di punta e ce lo fece ripetere qualche centinaio di volte, tanto da non dimenticarlo mai più.

 

Ho "superato" il cattolicesimo dopo i quindici anni.

Non c'è stata ribellione, ma una conquista anno dopo anno di margini di autonomia sempre più ampi.
Un giorno ho scoperto che della paura dell'inferno, che mi terrorizzava, non avevo più bisogno per assumermi le mie responsabilità.
Questo, infatti era il grande limite di quell'insegnamento della prima infanzia:
rapportare ogni azione alla necessità di evitare l'inferno, il tutto a scapito di una responsabilizzazione consapevole.

Recentemente, (dopo i '60) il Cristianesimo è tornato ad interessarmi non già come Religione, non come deposito di fede, ma forse come un ancoraggio, una mia segreta ricchezza culturale.