Giancarlo Sacconi

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Umanesimo italiano

Da sempre l’uomo è oggetto di grande attenzione e profonda curiosità, ma in particolare nel corso di quel periodo storico chiamato appunto Umanesimo.


L 'uomo nel Medioevo.
Gli umanisti affermarono una concezione dell'uomo diversa da quella del secolo precedente.
Il Medioevo vedeva un mondo di tipo teocentrico: Dio era posto al centro dell’Universo come motore di tutta la realtà ed autore della storia, che era vista come un progetto del suo disegno provvidenziale.
L’uomo era concepito invece come una creatura fragile ed effimera, continuamente tormentata dalle miserie del corpo; la sua vita terrena era solo un transito temporaneo e la sua vera patria era il cielo, a cui doveva tendere per raggiungere la pace e la beatitudine.

La riscoperta dei testi greci e latini.
Gli umanisti si proposero di superare la cultura medievale, con il recupero degli autori della latinità, dei valori e degli ideali che essi rappresentavano, riscoperti però senza la mediazione culturale cristiana della tomistica, perciò anteriori a San Tommaso e alla filosofia scolastica, che aveva dominato la cultura dei secoli precedenti. Il sogno degli umanisti era quello di far rivivere i fasti della latinità e della letteratura greca.

La cultura umanista
La laicità rimane la cifra del lavoro degli umanisti, con il recupero dell’uomo e della sua libertà, l’uomo in quanto tale e non l 'uomo subordinato a Dio. Qualcosa che ha un valore di per sé e quindi la riscoperta della storia, il cui protagonista è però l’uomo e non Dio.
 
I medievali avevano scelto tra gli autori latini quelli che erano più vicini alla loro sensibilità, come Virgilio e Seneca, mentre i punti di riferimenti degli umanisti furono Cicerone e Quintiliano, depositari della cultura enciclopedica dell 'uomo di lettere, tutta basata su letteratura ed eloquenza oratoria. La conoscenza autentica del passato, che può dare ancora degli insegnamenti, alimenta la coscienza dell’evoluzione.
 
E poi la riscoperta della natura, non più strumento per elevarsi al mondo trascendente, ma studiata secondo le sue leggi, per consentirne il controllo da parte dell 'uomo. La scienza della natura nasce dagli umanisti, come anche la “prospettiva in pittura” (Brunelleschi, Masaccio, Donatello e altri) e soprattutto lo straordinario fiorire di opere letterarie.
 
 Gli umanisti sono soprattutto filologi, quindi amanti della parola. Bisogna approfondire la conoscenza della parola, per giungere ad una formulazione critica, cioè stabilire quale doveva essere la formulazione originale di quell’opera.
 
E ancora il recupero dell 'architettura classica, ovvero la riscoperta dello spirito autentico sulla base di quello che rimane. Emblematico è il passeggiare di Poggio Bracciolini tra le rovine del foro Romano, e Machiavelli che riscopre i lavori di Tito Livio, sulla cui traccia, fonda lo studio della storia della sua epoca.

Si leggono i classici non soltanto per una forma di gusto letterario, ma anche per mettere in pratica i loro insegnamenti. Questi modelli rappresentano una forza propulsiva, che fa esplodere un vero e proprio entusiasmo per la ricerca.

Nell’Umanesimo si afferma una visione ottimistica dell’uomo, dal momento che egli appare sicuro e ricco di forze, capace di contrastare il gioco capriccioso della fortuna con la propria energia ed intelligenza e di costruirsi il proprio destino. Per questo uno dei temi prediletti dalla cultura quattrocentesca è proprio l’esaltazione della dignità dell’uomo. Come l’uomo domina la realtà esterna, così può dominare se stesso: non si scorge più opposizione tra facoltà spirituali e corpo, ma la possibilità di un armonico equilibrio, che esalta le facoltà dell’uomo e permette una realizzazione più compiuta delle potenzialità insite nella sua essenza.

Questo equilibrio nasce anche da una facoltà di controllare razionalmente impulsi ed istinti, realizzando un’ideale misura di dominio del proprio comportamento.

Fondamentale in questo ambito è ricordare che il nucleo dell’antropologia umanistica risiede nella celebre affermazione attinta dal mondo classico secondo cui: homo faber ipsius fortunae, mediante la quale gli scrittori del Rinascimento intendevano dire che la prerogativa specifica dell’uomo, vale a dire la sua particolarità nei confronti degli altri esseri, risiede nel forgiare se medesimo ed il proprio destino nel mondo.


I valori degli umanisti.
Secondo gli umanisti tutti devono interessarsi alla politica e alla gestione della cosa pubblica, tutti devono applicarsi alla conoscenza, tutti devono darsi da fare per la conquista della felicità, che non può essere affidata ad uno solo, il monarca, come pensava Dante, ma deve dipendere dall’apporto di tutti. (Leonardo Bruni).
 
Il valore della vita attiva è contrapposto all’inerzia e inutilità della vita contemplativa (la polemica anti-ascetica di Coluccio Salutati). L’uomo deve occuparsi di tutti nella società, piuttosto che segregarsi a meditare in proprio.
 
Viene esaltata la cultura, la curiosità, l’edonismo. C’è il riconoscimento del valore del denaro e della ricchezza, l 'amicizia è interpretata come strumento di coesione sociale. E infine l 'elogio dei piaceri terreni quali componenti irrinunciabili di una vita non dimezzata tra corpo e anima, ma vissuta integralmente.

La propria felicità da ricercare non nei conventi ma nella propria saldezza e serenità interiore, nell’autonomia, nella libertà spirituale, e senza lasciarsi coinvolgere dal potere politico. (Leon Battista Alberti).

Ma questa ritrovata fiducia nelle capacità di autodeterminazione porta gli umanisti a considerare l 'uomo superiore ad ogni altra espressione della natura e così nasce il concetto di un uomo al centro dell 'universo, che nei secoli successivi troverà una migliore sistemazione filosofica
e concettuale.