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Giancarlo Sacconi

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Comunisti italiani

La via italiana al comunismo

La via italiana al comunismo è stata una delle tipiche doppiezze che hanno caratterizzato la politica del PCI. In sostanza si accettava il metodo democratico, ma nei militanti si lasciava integra la riserva mentale di una rivoluzione raggiungibile per via democratica. I dirigenti sapevano bene che questo non sarebbe stato possibile.
Non per l'obiettivo in se, ma in quanto Togliatti era ben consapevole che non c'era alcuna volontà in quel senso né in Italia e soprattutto a Mosca. Alimentare l'odio al solo scopo di mantenere in pugno la classe operaia. Sudditi in patria di uno Stato straniero: l'Unione Sovietica. Alla quale rispondevano anche in quanto finanziati da quella. Il Compromesso storico grande responsabile del terrorismo e dell'assassinio di Moro.


Grillo come Berlinguer.
Ha alzato la bandiera dell'indignazione permanente.
Vede solo corrotti in Italia, meno lui e gli altri indignati, e vorrebbe abolire i Partiti, organizza Liste Civiche di “duri e puri”.
Berlinguer sollevò la “questione morale”, fatta eccezione per gli indignati comunisti considerati “diversi”, cioè “puri”, il che sottintendeva, se gli fosse stato consentito, un inconfessato desiderio di abolire i Partiti, (naturalmente tutti meno il “diverso” PCI, che era un Partito di “lotta e di governo” cioè di "duri e puri").
Quanto alla militarizzazione del linguaggio il “vaffa” di oggi, non è confrontabile con il “Craxi boia” che ha campeggiato per 15 anni a Perugia (Fontivegge) e in Italia.
Gli ex-comunisti applaudiscono Grillo alle Feste dell’Unità.
La volpe perde il pelo ma non il vizio.

 

Ieri stalinisti oggi islamisti.
La sinistra italiana, compresa quindi la gran parte del PD, continua ad essere dominata dai pregiudizi ideologici di coloro che, nonostante il crollo del comunismo, continuano a demonizzare l’Occidente e guardano con malcelata simpatia al fondamentalismo islamico, come fenomeno di resistenza all’esecrato imperialismo yankee.
Non stanno perciò dalla parte di coloro che, nel mondo islamico, sono autentici sostenitori dei valori liberali  (considerati, appunto,  filo-americani), i quali restano però paralizzati e intimiditi dalla violenza fondamentalista.
Gli irriducibili dell’antiamericanismo non si comportano verso il fanatismo musulmano come nei riguardi del comunismo: non si convertono all’Islam come aderivano al marxismo rivoluzionario, non tornano entusiasti dai viaggi nei paesi medio-orientali, come dai mitici soggiorni nel paradiso sovietico.
Dicono, invece, che bisogna capire le cause alla radice del fanatismo islamico, che per loro nasce dalla disperazione causata nei popoli musulmani dalle delittuose politiche occidentali.
Ci sono intellettuali che si mostrano comprensivi perfino verso Al Qaeda, con cui hanno in comune l’odio verso l’Occidente e non vado lontano se iscrivo tra questi anche Gianni Vattimo, il quale, non a caso, si augura che l’Iran possa presto avere la sua bomba atomica, perché è rimasto l’unico che può contrastare il mondo occidentale.

 

La Sinistra e gli underdogs.
Karl Popper sosteneva che dopo la caduta del muro di Berlino, aveva senso parlare di “sinistra” solo per quei partiti che difendevano gli ultimi, gli “underdogs” , come li chiamava.
Tutto il resto non era di sinistra.
È molto importante che i meno fortunati abbiano una rappresentanza politica in cui riconoscersi e che difenda le loro istanze.
Alcuni partiti della sinistra italiana aspirano a ricoprire questo ruolo.
Il grande equivoco nasce quando questi partiti entrano nella concretezza della prospettiva da offrire a coloro che credono in loro:
LA PROSPETTIVA COMUNISTA.
Se questa si traducesse in realtà, infatti, la loro condizione non migliorerebbe per niente, e servirebbe solo a peggiorare anche quella degli altri concittadini.
Il comunismo non è stato male interpretato da uomini cattivi.
Il comunismo è una ideologia bacata all'origine, non nella sua aspirazione a difendere gli ultimi, ma nella individuazione della prassi.

I comunisti italiani, invece, sono ancora convinti che resta pur sempre l’unica strada percorribile, chiudendo gli occhi di fronte ad una verità ormai inoppugnabile, e cioè che quell’ideologia è bacata all’origine.
Ancora oggi si proclama (Ingrao): “Non dobbiamo smettere di sognare la Luna. La lotta continua.” Ecco, appunto!

La pratica di stampo "stalinista" del "capro espiatorio"

Una pratica alla quale i comunisti ed i loro epigoni ci hanno abituato e a cui ricorrono con troppa frequenza, è l'individuazione di un capro espiatorio. L'uomo comunista è sempre stato scontento ed è pleonastico chiedersi perché. L'adesione alla "fede" lo porta a pensare che la colpa deve pur essere di qualcuno: qualche infedele, qualche nemico di classe, qualche nemico politico. È un escamotage che sembra funzionare: anziché guardare in faccia la realtà ci si limita a indicare il villain di turno, un cattivo, cattivissimo sul quale scaricare tutte le colpe, meglio poi se è rappresentato da un collettivo! Non un solo un traditore della classe, ma molti. Non un solo ribelle, ma un intero popolo di sovversivi ecc.
La finzione degli infiltrati tra genuini comunisti rientra in questo  quadro. Infiltrati, ma così invisibili da poter essere vicinissimi al cuore del sistema: potrebbe esserne uno anche l'uomo di fiducia del Capo Supremo , il Generale dell'Armata Rossa, lo stesso «eroe del lavoro socialista» o magari la donna delle pulizie e senza escludere il militante integerrimo.

Alcune perle su Craxi

PIERO FASSINO, 15 maggio 1993. Un anno di indagini e centinaia di deposizioni hanno messo in luce un sistema fondato sull’intreccio fra grandi imprese e partiti di governo, in
primo luogo Dc-Psi. (lo stesso intreccio che i partiti di opposizione, leggi PCI, avevano con le medesime imprese, e soprattutto con la Russia che li finanziava, e i favori illegittimi e irregolari alla Cooperative rosse

WALTER VELTRONI, 30 aprile 1993
Il no all’autorizzazione a procedere
per Craxi? Un voto assolutamente
irresponsabile, che scava un solco
tra Parlamento e Paese e che vuole
bloccare il processo di transizione
democratica

MASSIMO D’ALEMA, 13 gennaio 1993
Craxi deve chiedere subito
l’autorizzazione a procedere.
Se c’è solo la responsabilità
oggettiva lo assolveranno.
Tra l’altro, l’autorizzazione
verrà concessa in ogni caso.

 

Veltroni il 15 luglio 2009

La stampa fa risaltare una dichiarazione di Veltroni che riabilita Craxi, addirittura a scapito di Berlinguer.
Noi craxiani non aspettavamo altro!

 

Non siamo più comunisti!

Se si ha la ventura di ricordare il loro passato ai comunisti oggi nel PD, si viene a dir poco sbertucciati, non solo dai diretti interessati, ma da tutto un mondo "liberal" che dai voti di quella organizzazione ancora forte nel territorio trae la propria legittimazione, in un connubio ipocrita e falso, al limite del parassitismo politico.

Infatti ancora nella commemorazione 2009 della morte di Berlinguer, è stata affermata l'attualità del suo insegnamento da un candidato alla segreteria ex DC.

Gli ex comunisti non vogliono diventare adulti ed è questa la nemesi craxiana. Ancora oggi dopo più di 15 anni un candidato che ha militato nell'allora PCI non viene accettato nè dall'opinione pubblica nè dagli stessi membri ex DC del Partito Democratico.

La incapacità di fare i conti con il proprio passato e di conseguenza con la storia del Paese, mostra una classe dirigente inadeguata e immatura nella convinzione di poter far passare sotto silenzio questa trasformazione. Un caso di furbettismo italiota, favorito da coloro che vogliono approfittare del consenso elettorale degli ex PCI, senza pagare dazio, o meglio senza nulla concedere in cambio. E così gli eredi di una tradizione politica di grande rilievo, prima di Berlinguer, si sono ridotti a rinunciare alla propria dignità pur di avere una legittimazione che avrebbero più facilmente ottenuto con un Congresso chiarificatore come quello di Brandt a Bag Godesberg nel 1956, che gli avrebbe consentito di acquisire una identità politica e organizzativa.

Porsi di fronte alla storia in modo così strumentale e approssimativo, impedisce di mettere in discussione il compromesso storico, e la brusca virata nella proposta dell'alternativa e della diversità, che è stata, tra l'altro, la principale causa dell'ulteriore involuzione del PCI, con le catastrofiche conseguenze sul terrorismo, e infine, della partenza sbagliata del Pds. Tanti equivoci pesano sulla sinistra:

  • l'idea che la distinzione dagli altri sia antropologica e morale prima che politica

  • l'idea che a sinistra ci sia tutto il bene e a destra tutto il male, con conseguenti reazioni moralistiche quando si scopre un po' di male tra le proprie file (le varie questioni morali)

  • e, ancora peggio l'abitudine di andare avanti cambiando disinvoltamente linea politica, senza sentire il bisogno di fare i conti con quella di prima e con i motivi che l'hanno fatta cambiare.

Per dar vita a un partito veramente nuovo bisogna anzitutto fare pubblicamente e politicamente i conti con sé stessi, con i propri errori, con il passato remoto e con quello recente.

Altrimenti si resta sospesi in aria nell'ambiguità. E questo perpetua una conseguenza deleteria per l'intera società italiana: quello che fu prima il terrorismo oggi lo sta diventando il giustizialismo. Ma è proprio questa l'eredità che vogliono lasciare i post-comunisti?