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Giancarlo Sacconi

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L'honest sheriff

Nei primi anni Novanta, e dunque poco dopo il declino del “socialismo reale” e la crisi delle ideologie, in Italia fu attuata una rivoluzione del tutto inedita e che non ha ancora visto eguali al mondo: la sostituzione della classe politica per via giudiziaria.

Ma le novità non si fermano qui, perché il fenomeno riguardò soprattutto, se non esclusivamente, i partiti anti-comunisti, fatta eccezione per il Movimento Sociale Italiano, epigono del Fascismo.

Il paradosso fu dunque che a pilotare questa vicenda storica (“The Italian Guillotin” dal titolo dell’omonimo libro di Stanton H. Burnett and Luca Mantovani) , non furono i partiti che si ispiravano ai principi democratici e quindi i vincitori sul piano ideale del XX secolo, ma i partiti sconfitti dalla storia (comunisti e fascisti), ormai spogliati dei sostegni teorici e dei modelli concreti.

La “circolazione delle élites” teorizzata da Vilfredo Pareto, fu attuata nelle aule dei processi penali, promossa da un gruppo di Pubblici Ministeri politicizzati (prevalentemente di sinistra, ma anche di destra), bracci armati di classi politiche che sembravano, a torto, appartenere ad esperienze che nessuno avrebbe comunque voluto ripercorrere, altra bizzarria.

La storia, in luogo di rinsaldare le ideologie vincitrici e di sospingerle verso ulteriore espansione, ne determinò la crisi.

Nel 1998 fu pubblicato negli Stati Uniti il primo libro su Tangentopoli "The italian guillotine".
Autore: Stanton H. Burnett, con la collaborazione per la ricerca della documentazione di Luca Mantovani.
Il libro non è mai stato tradotto in italiano.
Questi sono alcuni brani dell'intervista rilasciata al Foglio dall'autore e pubblicata l'8 gennaio 2003.

Poi un americano disse
che quelli non erano onesti sceriffi



 

Il ruolo della magistratura nella vita politica italiana.
“Lavoravo all'ambasciata durante i primi congressi tenuti da Magistratura democratica e ricordo di essermi allarmato molto di certi proclami che uscivano da questi convegni. Ricordo in particolare quando dissero che quando un lavoratore deruba un membro della borghesia, loro, come giudici, avrebbero dovuto tenere in secondo piano la questione 'tecnica'; della colpevolezza o innocenza dell'imputato. Nel determinare la decisione il giudice si sarebbe dovuto basare anche sul crimine permanente commesso dalla borghesia contro la classe lavoratrice. Ricordo che mandai un dispaccio diplomatico a Washington sulle idee di questi giovani magistrati, ma non penso che allora qualcuno mostrò interesse”.
"Così mentre iniziavo le ricerche per questo capitolo cominciai a rileggere certe relazioni dei congressi di Md, e con sorpresa trovai che molti dei nomi dei principali relatori erano gli stessi che leggevo nei giornali che riportavano le storie di Mani pulite, tranne quelli di Di Pietro, Davigo, Parenti o di altri giovani magistrati che si aggiunsero al Pool più tardi. Mi parve subito che stesse avvenendo qualcosa di molto più interessante della semplice applicazione della legge. In azione c'erano gli stessi magistrati che due decenni prima avevano dichiarato le loro intenzioni, usare la magistratura per portare una rivoluzione in Italia. Era questo che i stavano cercando di fare?".

L'ala ideologizzata di Md e il sogno della rivoluzione.
"Md era stata fondata con al centro l'idea che i magistrati dovevano influenzare il sistema giuridico affinché nelle corti italiane i poveri fossero trattati allo stesso modo dei ricchi. Insomma il principio che la legge è uguale per tutti. Ma poi cominciò ad attrarre anche giovani magistrati molto più radicali, che erano molto più interessati a fare una rivoluzione politica. E fu la corrente minoritaria all'interno di Md ad avere il sopravvento nelle scissioni che avvennero, è interessante notare cioè che furono i moderati, seppur maggioritari, a lasciarla".

E gli americani?
Ma gli americani non c'entrano proprio nulla con Mani pulite?
"In Italia quando accade qualcosa si cerca sempre lo zampino yankee. Dieci anni fa stava cambiando l'amministrazione, da Bush padre si passa a Bill Clinton con conseguente cambio di ambasciatore a Roma. Proprio nel '93 Mani pulite accelera e si allarga, arriva il primo avviso ad Andreotti. All'ambasciata che fanno, guardano e basta? E a Burnett qualcuno chiede delucidazioni su quello che sta avvenendo? "Reginald Bartholomew era un ambasciatore di carriera, molto in gamba. A Roma, a parere di tutti nell'ambiente, fece un ottimo lavoro. Era conosciuto per quella sua insistenza nell'attenzione a osservare senza interferire. Al Dipartimento di Stato mi chiesero anche un parere sulla situazione, dissi quello che sospettavo di Mani pulite e consigliai: continuate a starne assolutamente fuori".

"Resta difficile per gli italiani rendersi conto di quanto poca attenzione si presti a Washington nei confronti dell'Italia, nonostante la sua oggettiva importanza come cruciale alleato e gigante economico europeo. Gli specialisti che scrivono in inglese sono pochissimi, e così anche per dei professionisti di affari internazionali che avessero un particolare interesse sull'Europa, per leggere di cosa avviene in Italia devono ricorrere ai maggiori giornali. E al'epoca il New York Times, il Washington Post così come tutti gli altri che dedicarono qualche articolo a quello che avveniva in Italia, su Mani pulite offrivano resoconti tradizionali: si trattava del lavoro di vigili magistrati che finalmente combattevano la corruzione italiana. Appunto la tesi dell'honest sheriff. Non giunse mai una corrispondenza che insinuasse almeno il dubbio che ci potesse essere anche qualche interesse politico e che l'azione dei magistrati non fosse affatto equa. Persino eventi come il suicidio di Raul Gardini e di Gabriele Cagliari non riuscirono a destare dei dubbi. Il risultato fu che l'altra faccia di Mani pulite fu assolutamente sconosciuta agli americani che non erano specialisti di affari italiani.”

Perchè rimasero in silenzio?
Certo, c'erano anche quelli che in Italia e negli Stati Uniti capivano tutto ma rimasero in silenzio.
Le ragioni possono essere diverse.
Avvocati che avevano grandi interessi di clienti in ballo, da cui penso che nessun prezzo da pagare fosse troppo alto purché si cambiasse politica in Italia.
Diplomatici che speravano soltanto che nessuno si ricordasse più dei loro incontri con Craxi e Forlani.
Ma forse la ragione più importante fu il timore di essere fraintesi. Chiunque avesse messo in dubbio i motivi o criticato le tattiche dei magistrati poteva apparire come un giustificazionista, un sostenitore della non colpevolezza degli indagati. Invece chiedersi se il Pci-Pds stesse ricevendo le stesse attenzioni del Psi non significava necessariamente sostenere Craxi.

Ma molti sapevano che cosa stava succedendo
Comunque tra gli attenti studiosi di affari italiani del Nord America si capì benissimo cosa stesse avvenendo. Penso a La Palombara, Sabetti, Serfaty, Laqueur, Di Scala, Miller. Questo gruppo è appunto così ristretto, praticamente siamo tutti in contatto tra noi. Quindi tutti sapevano che stavo scrivendo il libro e, forse per il tradizionale gentlemen's code tra studiosi, non vollero intervenire in anticipo sullo stesso soggetto del mio studio, almeno fino alla sua pubblicazione. Ma dopo l'uscita del libro molti di loro si fecero sentire".
Prima dell'uscita della "Ghigliottina italiana", negli Usa si erano visti già un paio di libri americani su Tangentopoli, ma come le corrispondenze dei maggiori giornali americani, anche questi studi proponevano la tesi, come la chiama Burnett, dello "sceriffo buono". Cioè Mani pulite come operazione di un gruppo di disinteressati magistrati che indagavano i corrotti con il solo scopo di far rispettare la legge.

Il contributo di Carlo Guarneri
" Il primo invece ad avere pubblicato la tesi sulle motivazioni politiche del Pool, poi sviluppata nella “Ghigliottina italiana”, fu un italiano, un giurista dell’Università di Bologna, Carlo Guarneri, non con un libro ma con articoli pubblicati a metà degli anni ’90 su riviste specializzate solo per addetti ai lavori e senza che i giornali se ne accorgessero.
Mentre, anche un magistrato, già componente di Md, Romano Canosa aveva pubblicato nel ’96 una storia della magistratura italiana che conosceva bene e in cui si potevano notare certi sviluppi della sua corrente estremista.
Ecco, più andavo avanti con la ricerca più mi rendevo conto che la nostra tesi su Mani pulite avrebbe rotto l'interpretazione dell'honest sheriff, fino ad allora l'unica veramente diffusa e accettata in Italia e all'estero".

La ricerca di Luca Mantovani sui magistrati.
Ma torniamo ai magistrati. Burnett come sapeva di certe relazioni ai congressi di Md di tanti anni fa? Aveva forse delle sue spie all'interno di questi convegni?
"Quando lavoravo a Roma bastava leggere i giornali principali che riportavano le notizie sui congressi di Md. Ma poi per il libro, fu preziosissimo il lavoro di ricerca di Luca Mantovani, che riuscì a trovare e farmi avere i documenti interni di quei congressi. È stato un abilissimo ricercatore, io gli dicevo cosa cercavo, lui riusciva a trovarlo. Ancora Internet era quasi inesistente in Italia, e quando per esempio mi mandava gli articoli dei giornali, dato che gli avvenimenti continuavano mentre scrivevo il libro e avevo bisogno di continui aggiornamenti, ricevevo quelli della Repubblica, il Corriere, la Stampa ma anche il Giornale, il Tempo, il Sole 24 ore".

Questo libro è un contributo indipendente
A questo punto Burnett ci tiene a chiarire quello che ogni lettore americano (gli italiani devono ancora attendere) del suo libro vorrebbe domandargli:
"Fare una ricerca per cercare di favorire una parte politica in Italia, per cercare di agevolare Silvio Berliusconi, non era assolutamente nelle mie intenzioni, e se alla fine forse questo è stato uno dei risultati, mi spiace ma non credo che ciò possa sminuire il valore della ricerca. Poi, se questo può servire a difendere l'indipendenza del mio lavoro, io non sono affatto un conservatore, sono sempre stato un liberal, insomma le mie simpatie sono per il Partito democratico, voto a sinistra, non a destra. Ma qui non si trattava di accusare qualcuno per favorire altri, ma di analizzare un fenomeno politico e descriverlo. Non ho scritto un libro per dimostrare che Craxi non fosse responsabile di certe accuse dei magistrati.
"Non sostengo che Craxi fosse estraneo a certe accuse. Ma i Vandali che cacciano gli Unni restano Vandali"
“Io resto convinto che in Italia si sia usata la giustizia per un fine politico, e questo non ha fatto bene né alla giustizia né alla democrazia italiana.”

  Il giornale l'Unità cercò di coinvolgere il Vaticano
"Le mie simpatie dovevano essere conosciute anche in Italia, dato che fu proprio l'Unità, alla vigilia delle elezioni politiche del '94, a schiaffare in prima pagina una intervista con me in cui facevo delle considerazioni sull'avvento di Berlusconi in politica e su come una possibile vittoria del centro sinistra sarebbe stata accolta a Washington. E poi l'Unità recensì pure il mio “Italian Guillotine”, anche se con molto ritardo, e in quella recensione mi fecero solo un appunto:
Burnett nel cercare le ragioni dietro Mani pulite non ha indagato il ruolo del Vaticano...
Il Vaticano? È vero, non indagai e non mi accorsi di nessun legame. L'Unità scrisse che avrei dovuto farlo".

L'anomalia del sistema giudiziario italiano all'interno dell'occidente.
Burnett ora è ottimista.
"È sempre stata la mia convinzione che nella storia occidentale degli ultimi 200 anni la sinistra ha avuto da temere dal giustizialismo, dalle prevaricazioni poliziesche e giudiziarie più della destra. In generale. è la destra che viene associata all'autoritarismo nel diritto penale. Qualche volta questo si dimentica perché la destra ora viene anche associata al liberalismo economico e la sinistra invece all'intervento statale nell'economia. Ma quando invece si sposta il punto di osservazione sulla giustizia, è a destra che si è tradizionalmente più interventisti a limitare i diritti della difesa. Quindi credo che sia la sinistra a dover temere il proseguimento dell'anomalia italiana. La situazione durante Mani pulite, per gli osservatori di sistemi politici, era praticamente capovolta. Ora invece credo di vedere dei segnali in Italia che questo a sinistra sia stato compreso, che è lì che si dovrà temere di più il proseguimento della giustizia militante. Per esempio lo vedo nelle riforme che il segretario dei Ds Fassino ha annunciato di voler sostenere in Parlamento, che in certi casi si sono spinte anche oltre quelle cercate dal Polo. Ho visto dei segnali anche nella reazione sbalordita avuta dal segretario si Rifondazione Bertinotti subito dopo la sentenza di Perugia contro il senatore Andreotti.

Le intimidazioni della Magistratura per evitare
la pubblicazione in Italia di The Italian Guillotine”

"L'onorevole Carlo Giovanardi ha fatto una interrogazione al governo per sapere perché. Secondo lui si tratta di intimidazione. Per la rivista Panorama, qualunque editore che cercherà di pubblicare questo libro potrebbe essere rovinato finanziariamente per le querele che gli verrebbero addosso. E in effetti, l'ultima volta che le ho contate, c’erano più di 400 cause di magistrati contro giornalisti e studiosi che si sono occupati di Mani putite. Questa è la ragione per cui Freedom House, l'organizzazione che monitorizza la libertà di stampa nel mondo e guarda alle intimidazioni effettive, mette l’Italia ultima tra i paesi occidentali, allo stesso livello della Corea del Sud e del Cile. La Costituzione italiana dice tante cose giuste in materia di libertà di stampa, ma solo sulla carta. Quando il libro vinse il premio Silone, ricevetti da Roma una prima chiamata dall'Ambasciata che si congratulava e mi chiedeva la lista degli invitati per una cerimonia in mio onore. Poi lo stesso giorno ricevetti un'altra chiamata dell'avvocato dell'ambasciata che consigliava di non venire in Italia per accettare il premio e di non fare interviste in Italia a meno che non fossi pronto a sostenere le spese per difendermi nei tribunali italiani.

Il ricatto della Magistratura.
Eppure ormai di guerra civile fra politica e magistratura il capo del governo Berlusconi ha parlato spesso sia in Italia sia all'estero, e anche il presidente del Senato Marcello Pera, durante una sua visita a Washington, ha letto una relazione sulla recente storia d'Italia dove praticamente ricalcava le tesi del libro di Burnett. "Sì, ma stanno in Parlamento, e i politici non hanno avuto ancora problemi con i magistrati per quello che hanno detto da parlamentari. In effetti se ciò accadesse sarebbe la fine di ogni parvenza di democrazia. Ma basta uscire dal Parlamento e la libertà di parola in Italia finisce.
Basta guardare quello che è successo a un autorevole studioso e commentatore come l'ambasciatore Sergio Romano che per aver detto alcune tesi in un convegno di storici si è visto arrivare puntuale la querela.

Il ruolo dei gruppi industriali
Burnett ha letto le dichiarazione rilasciate recentemente da Cirino Pomicino al settimanale del Corriere della Sera, in cui l'ex ministro democristiano afferma che dietro a Mani pulite c'era un complotto di Cuccia e dei poteri forti.
“Ho letto, molto interessante. Nel libro approfondiamo molto il ruolo dei grandi gruppi industriali e dei loro giornali. Mi ricordo anche di un incontro tra studiosi alla Johns Hopkins University, prima ancora che iniziassi il libro, dove alcuni economisti, giunti anche dall'Italia, dicevano che la situazione economica e le prospettive erano così nere che tutti i grandi industriali spingevano per un cambiamento politico se si voleva ancora competere nella nuova Europa. E infatti attraverso i loro giornali, fu chiaro che i grandi industriali indicarono ai magistrati che loro non avevano nessun interesse a difendere i partiti sotto tiro. Ma su un eventuale complotto di Cuccia, non ho nessun elemento per poter esprimere un giudizio. Comunque nel libro non affermiamo mai che i magistrati fossero i burattini di qualcuno. Ripeto, lo avevano annunciato venti anni prima quello che avrebbero voluto fare. Certamente seppero approfittare del momento ideale, in cui poterono ricevere l’appoggio di diverse forze".

Le motivazioni politico-ideologiche dei magistrati,
non le interferenze internazionali o le pressioni economiche.

"Chi pensa che Mani pulite sia stato il prodotto delle circostanze internazionali, soprattutto dopo la caduta del Muro di Berlino, ritengo che dica una mezza verità, ma non spieghi tutto. È vero che gli italiani non dovevano più preoccuparsi delle relazioni Est-Ovest al momento di esprimere il proprio voto. Ma questo non motivò di per sé i magistrati che avevano già una loro agenda ideologica. Certo non c'erano più quegli elementi che congelavano il sistema. In scienze politiche si parla di sistemi congelati e stabili o fluidi e instabili. Invece l'Italia aveva un sistema congelato e instabile. Congelato perché i voti non potevano passare liberamente tra la destra e la sinistra, instabile perché i governi potevano cadere anche perché sapevano che il sistema congelato gli avrebbe ridato infinite possibilità. Ma la vera rivoluzione in Italia avviene con l’avvento del voto fluido dell’elettore che non si sente più per sempre legato a un partito con il risultato che ora i partiti devono competere per lo stesso voto. Ma le pressioni economiche, il fattore internazionale e il cambiamento nel sistema politico non sono sufficienti a spiegare mani pulite. Sono le motivazioni politico-ideologiche che spinsero alcuni magistrati del pool ad agire, e l’ambiente intorno a loro ben predisposto che bastano a spiegare Mani pulite.
Forse ci saranno anche altri elementi che non sono stati analizzati nel libro, ma questi non sono necessari per spiegare cosa sia successo. Per me le motivazioni politiche dei magistrati e l'appoggio esterno ricevuto è sufficiente".

"Negli ultimi anni la riforma della giustizia in Italia è stata tutta concentrata sul fatto se questa aiuti o meno Berlusconi, ma il fatto è che la sinistra ha molto più da perdere della destra nel caso che il sistema rimanga così com'è. La storia lo insegna, gli abusi giudiziari hanno danneggiato più la sinistra che la destra".

La retorica dell'indipendenza dei giudici.
"Un aspetto che non è stato ancora menzionato, e che non lo è mai perché scatena subito delle paure, è quello della indipendenza dei magistrati. L'indipendenza è una cosa giusta, nessuno vorrebbe che i magistrati siano soggetti all'influenza politica. Bene, ma non è così che funziona in Italia. Dopo la guerra, gli italiani hanno costruito con la Costituzione un muro attorno alla magistratura per cercare di tenere la politica fuori dalla giustizia. Purtroppo la politica c'è entrata lo stesso con i magistrati politicizzati e poi quello stesso muro ha protetto questi magistrati militanti consentendogli di formare partiti politici come Md e altre organizzazioni che li raggruppano. Tutto questo senza che i magistrati possano pagare le conseguenze del loro agire politico . Fanno politica, ma senza doversi guadagnare la fiducia dei cittadini che, non votandoli, ne pretenderebbero l'imparzialità. Poi accade che questi magistrati difendano le loro azioni politiche grazie all'argomento dell'obbligatorietà dell'azione penale. Dire che il magistrato è obbligato ad agire per ogni caso che arriva alla sua scrivania non è solo stupido ma è anche un grande inganno. Nessun magistrato del mondo occidentale ha abbastanza risorse per poter compiere indagini per ogni caso che gli vien portato davanti, nessuno potrebbe mai occuparsi di tutti i casi. Quindi nonostante la pretesa di “essere obbligati per legge”, i magistrati italiani hanno la completa discrezione di quale caso occuparsi trascurandone altri. Dato che dovrebbero occuparsi formalmente occuparsi di ogni caso, allo stesso tempo non devono spiegare a nessuno perché hanno scelto prima uno e non un altro, perché continuano ad approfondire uno e trascurano sempre un altro. Ora il Csm doveva esser parte della soluzione, ma essendo politicizzato come e più dei pm... insomma non c'è una vera autorità che possa obbligare un magistrato a una politica giudiziaria non selettiva".