Giancarlo Sacconi

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Avarizia

L’uomo tende ad accantonare denaro per timore di dover affrontare scarsità di mezzi per vivere, malattie, povertà, in questo senso si parla di virtuosità e il termine che la indica è: parsimonia.

Ma quando questa legittima preoccupazione diviene desiderio eccessivo o bramosia per ricchezze o possessi, subentra quello che viene definito il “vizio” dell’avarizia. L’avarizia è declinata in molti modi: cupidigia, avidità, bramosia. L'accumulazione, il tradimento, la corruzione e il furto, sono anche queste condizioni su cui può avere una forte influenza l’avarizia.
Si può dire più in generale che i problemi nascono quando il denaro comincia a determinare e controllare la nostra vita, anziché il contrario.

Il primo e più celebre esempio del potere e dell’influenza esercitati da questo vizio si incontra nei 10 comandamenti che Dio dà a Mosè.
L'ultimo comandamento “non desiderare la roba d'altri”, cioè la cupidigia, a differenza degli altri precedenti non riguarda un'azione, ma è uno stato d'animo. Perciò alcuni teologi ritengono, non a torto, che questo comandamento sia un po’ da riferire a tutti gli altri comportamenti vietati, quasi che ne possa essere la causa principale.
Si potrebbe dire che l’avarizia è uno stato d'animo da cui scaturiscono tutti gli altri.
Nel libro di Geremia il profeta interpreta la conquista di Gerusalemme da parte dei Babilonesi del 586 a.c., come un segno della punizione di Dio su una nazione caduta vittima della cupidigia. “Per questo darò le loro donne ad altri, i loro campi ai conquistatori, perché dal piccolo al grande tutti sono avidi di rapine”.

Il vecchio testamento non è l’unico testo antico a mettere in guardia contro i peccati dell'avarizia.

Intorno al 516 a.C. gli insegnamenti di Budda si occupano molto di avarizia. Al raggiungimento dello Stato del Nirvana Budda espone le quattro verità che si dice siano l’essenza dei suoi insegnamenti. La seconda sostiene che la sofferenza ha origine nel desiderio dei beni terreni o dell’avarizia.
Nel terzo secolo prima di Cristo il taoismo a una profonda influenza in Cina. Il libro principale del Taoismo Il Libro della Via e della Virtù (maggiormente conosciuto come Daodejing o Tao Te Ching), attribuito al filosofo ... denuncia, tra l’altro, il fenomeno dell'avarizia.

Nel 350 avanti Cristo una civiltà mediterranea riflette sulla natura dell'avarizia. L'antica Grecia è affascinata dall'equilibrio nella vita e nell'architettura. L'avarizia è un eccesso da evitare. La leggenda del re Mida è una descrizione popolare del peccato dell'avarizia. Mida è un re ricco che vuole diventare più ricco trasformando tutto ciò che tocca in oro. Ma una volta esaudito il suo desiderio dagli Dei, Mida trasforma accidentalmente il cibo e anche la figlia in oro e si rende conto dell'errore commesso.

Aristotele crede che per vivere bene bisogna trovare un equilibrio tra l'eccesso e la mancanza. Incoraggia ciò che lui chiama la liberalità, cioè la virtù di dare a ciascuno quanto merita. Ma ogni virtù ha un suo opposto. Se non riesci a dare o se sei incapace di farlo, sei ciò che è Aristotele definisce un avaro, un tirchio. Aristotele conclude che: "L’avaro è insaziabile".

Nel 27 a.c.il lustro della Grecia è superato dalla potenza di Roma. Ora la città di Roma è padrona di quasi tutto il mondo. Ma molti temono che il successo terreno abbia corrotto le anime dei romani. Il poeta latino Orazio critica la decadenza che vede intorno a sé, e redige una lista di sette vizi: cupidigia, il voler essere lodati, invidia, accidia, ira, gola, lussuria. Una sorta di premonizione pagana dei sette peccati capitali cristiani, con la cupidigia, ovvero l’avarizia, in cima alla lista. Orazio ritiene che l’avarizia sia una punizione di per sé, perché genera una fame insaziabile e conclude con la massima: “più si ha più si vuole".

Poi intorno al 30 d.C. nella provincia della Galilei un predicatore ebraico errante, grida contro l’avidità con parole che hanno una strana e potente autorità. Gesù di Nazareth proclama: "guardatevi e tenetevi lontano da ogni cupidigia, perché anche se uno è nell'abbondanza la sua vita non dipende dai suoi beni" "a che giova all'uomo guadagnare il mondo intero se poi perde la propria anima?".
Gesù indirizza la propria ira verso chi presta denaro nel Tempio di Gerusalemme. Gesù dice che il tempio è stato trasformato in una sperduta di ladri, dove non solo si fanno affari, ma affari disonesti. La cupidigia avrà un ruolo anche nella cattura di Gesù. Giuda vende Gesù per un compenso di 30 denari, un.

Il Corano interviene sull'avarizia dicendo che controllare istinti come l'avarizia è fondamentale per ottenere la purezza spirituale. C'è una metafora nella tradizione islamica che rappresenta l’avarizia come una persona piegata in due sotto il peso delle cose che porta addosso.

Dante e l’Avarizia.
Nel VII canto Dante discende nel quarto cerchio dell'inferno insieme a Virgilio. Qui sono puniti gli avari e i prodighi che, in due schiere opposte, avanzano fino ad incontrarsi, spingendo col petto pesanti macigni, rinfacciandosi vicendevolmente il peccato e riprendendo l’eterno cammino in senso inverso. Questi peccatori rappresentano i due lati della stessa medaglia ciascuno incapace di controllare le proprie ricchezze.

Per vedere come l’avarizia influisce sulle negoziazioni commerciali, un economista americano usa un test chiamato gioco dell’ultimatum.
Il gioco prevede che due giocatori debbano trovare un accordo su come dividersi 20 dollari. Io posso proporre di darti 15 dollari e di tenerne 5 per me, tu puoi accettare o rifiutare quei 5 dollari. Se accetti è fatta. I soldi si dividono di conseguenza. Se rifiuti nessuno prende nulla. Tutto qua. Queste sono le regole e non ci sono rivincite. Si gioca una sola volta. Quasi la metà di coloro che fanno le offerte mostrano una certa avidità e offrono una somma di denaro più bassa possibile. Circa la stessa percentuale accetta un’offerta più piccola pur di ottenere qualcosa. Forse tutti sono avidi ma alcuni di meno. Circa il 10% ha una visione diversa dell’avarizia. Insistono per dividere i soldi al 50% e preferiscono non ottenere nulla piuttosto che accettare ciò che considerano un’offerta ingiusta. In effetti tutti dovrebbero ottenere la stessa somma di denaro. Questo gruppo sembra non appartenere alla schiera degli avari.